Gli alimenti, in base alla deperibilità, si suddividono in due grandi categorie: gli alimenti freschi che vanno consumati tassativamente entro la data di scadenza riportata sulla confezione e gli alimenti (confezionati, non ancora aperti) da consumare “preferibilmente entro” una certa data (termine minimo di conservazione). Per questa seconda categoria di prodotti la data di scadenza è soltanto orientativa e successivamente si avrà soltanto una perdita di qualità dell’alimento (ad esempio una riduzione del valore nutritivo, della croccantezza o dell’aroma) ma nessun rischio vero e proprio per la salute dei consumatori. Lo yogurt può essere consumato anche sette giorni dopo la data di scadenza, dopo la quale però si registrerà una riduzione del contenuto di fermenti lattici vivi. Anche il latte fresco pastorizzato, se opportunamente conservato in frigo, si può bere per circa sette giorni.
Alcuni alimenti come le conserve di pomodoro o la pasta si possono utilizzare anche uno o due mesi dopo la data di scadenza, ricordandosi però di riporre questi cibi chiusi, in un luogo asciutto. Il burro che ha una lunga durata se refrigerato, una volta superata la data di scadenza, non potrà più essere consumato crudo ma, in alternativa, per le fritture.
I salumi sono più a rischio e vanno consumati in breve tempo perché si potrebbe sviluppare la Listeria Monocytogenes, responsabile di tossinfezioni alimentari.
Una volta che l’alimento è stato aperto sarà meglio attenersi a quello che viene riportato in etichetta (ad esempio “dopo l’apertura consumare entro x giorni”). È molto importante controllare al supermercato sia la data di scadenza che lo stato delle confezioni acquistate per evitare di avere brutte sorprese. Dobbiamo desistere dal comprare confezioni non integre, barattoli gonfi, uova ammaccate, prodotti congelati che presentino ghiaccio o brina.
Nell’ottica del risparmio e della difesa dell’ambiente bisognerà riflettere meglio sulla scelta di buttare un cibo solo perché appena scaduto.
dott.ssa Cristina De Ceglie